Che il settore farmaceutico non brilli per la quantità ed il livello degli scrupoli che si fa – ahimé – è cosa nota.
Deve essere davvero pesante portare avanti un business, uno dei pochi costantemente in attivo o al limite in pari (nei fatturati e nei guadagni comunque, a prescindere dai tagli del personale sempre più frequenti) che mira più al controllo della patologia che non alla sua cura definitiva.
O almeno questo è quello che mi auguro possano provare i mega-manager delle grandi multinazionali farmaceutiche, stretti tra la concorrenza e gli azionisti.
Quando i tuoi sforzi sono tutti tesi a trovare una soluzione solo temporanea al dolore, perché sai che questo è il modo migliorare per garantirti un cliente a vita (o forse con una macabra battuta dovremmo dire “un cliente a morte“), quando sai che le molecole di sintesi comportano spesso conseguenze estremamente dannose per l’organismo, per cui spesso tamponano una situazione e ne sconquassano altre 3, quando è sempre più chiaro quanto potere venga esercitato da questi colossi a livello globale con le loro lobbies sui governi di mezzo mondo, evidentemente risulta complesso difendersi invocando la pur sacrosanta etica del profitto aziendale…
Ma se a questo aggiungi anche il coinvolgimento dei bimbi, estendendo indebitamente la brillante idea: “il modo migliore per vendere più farmaci è creare nuove patologie che hanno bisogno di nuove cure“, è chiaro e certo che qui c’è qualcosa che non va, e che ci troviamo anni luce lontani da quello che abbiamo definito “Profitto Etico” (a proposito, se non hai firmato il Manifesto Ethical Profit, clicca qui).
Quello che sta infatti succedendo, sempre più sotto la luce del giorno (e sulle pagine dei giornali) è proprio questo.
Qualche anno fa un gruppo di psichiatri e psicologi ha deciso di dare un’etichetta all’energia spesso incontrollabile dei bimbi, inventandosi di sana pianta la “sindrome da deficit dell’Attenzione” (ADHD), inventandosi con essa anche la conseguente cura farmacologica (a base di psicofarmaci, che altro?) 🙁
Come Fondatrice di Autodifesa Alimentare Viviana è anche “Referente Scuola protetta“ (un Progetto del Comitato di Giù Le Mani dai bambini) e ha aderito da tempo e volentieri alla Campagna “Perché Non Accada“.
Quando può ne parla nel Blog e soprattutto ne parla durante il corso di Autodifesa Alimentare, non solo perché si tratta di una follia socialmente accettata che va smascherata, ma anche perché spesso basta ridurre zuccheri e coloranti per aiutare i piccoli ad essere meno nervosi e ipercinetici (e in seconda battuta stanchi e apatici).
Puoi trovare 2 suoi infervorati approfondimenti qui:
http://www.autodifesalimentare.it/blog/2009/10/05/nutrizione-vs-ritalin
E poi esce fuori un Congresso finanziato dalle multinazionali (organizzato da Sopsi a Roma) in cui si denuncia una fantomatica emergenza secondo la quale in Italia il 4% dei bambini verserebbero in questa tragica condizione di malati, condizione che – evidentemente – non può fare a meno di un massiccio intervento farmacologico…
Fortuna che qualcuno altro è intervenuto, come leggiamo dal Comunicato Stampa qui sotto.
Ed è affascinante che la protesta si sia elevata non durante un sit in di naturopati né durante una convention di spiritualisti, ma durante il Convegno dell’Unione Industriali di Torino!
Allora è vero, come diciamo ne “Il Marketing e l’Acqua Santa“, che che è possibile fare marketing etico.
Forse c’è ancora qualche speranza…
TORINO – Dal convegno all’Unione Industriali di Torino
“Il bambino non è un elettrodomestico” (dal titolo dell’omonimo libro di Giuliana Mieli) levata di scudi contro le dichiarazioni della Sopsi (Società Italiana di Psicopatologia) riunita in congresso a Roma, che denunciava la carenza di diagnosi per l’iperattività infantile in Italia, con centinaia di migliaia di bambini non presi in carico e una conseguente potenziale ‘emergenza’ in relazione ai disturbi antisociali gravi che questi minori maturerebbero con l’età se non adeguatamente trattati.
“Una vera bufala – denuncia Luca Poma, giornalista e portavoce di ‘Giù le Mani dai Bambini’, primo e più rappresentativo comitato italiano di farmacovigilanza pediatrica in Italia (www.giulemanidaibambini.org) – un modo eticamente discutibile di far pressione sui genitori, convincendoli che qualora i loro figli non vengano trattati – spesso con psicofarmaci – finiranno a delinquere, crescendo come disadattati.
La Sopsi ‘da i numeri’, è proprio il caso di dirlo, parlando di 300.000 casi in Italia meritevoli di presa in carico, pari – secondo loro – al 4% della popolazione infantile: l’Istituto Superiore di Sanità conferma per iscritto che la prevalenza italiana è massimo dell’1%, in certe zone d’Italia anche meno.
Inoltre ci sono studi scientifici, come quello del Prof. Lambert, che provano esattamente il contrario rispetto a quanto affermato dalla Sopsi, ovvero che c’è una più elevata predisposizione alla dipendenza da alcool cocaina e tabacco nei bambini e adolescenti iperattivi trattati con psicofarmaci, il che è quasi ovvio se si pensa che il minore si abitua a trovare nel farmaco – una soluzione pronta all’uso, esterna da se – la soluzione a tutti i problemi.
Ma non stupisce la posizione della Sopsi: basta indagare – conclude Poma – su chi finanzia abitualmente i loro convegni negli ultimi anni, sono le più importanti case farmaceutiche produttrici di psicofarmaci per bambini”.
Emilia Costa, medico e Professore emerito alla Sapienza di Roma (1^ cattedra di Psichiatria), autore di oltre 360 pubblicazioni scientifiche, aggiunge: “Non sono d’accordo con i colleghi, queste diagnosi di iperattività, invocate a gran voce, sono spesso inconsistenti e vaghe, più che altro una moda importata dagli USA. Bisogna indagare il motivo profondo del disagio dei bambini, di cui l’iperattività e solo un sintomo”.
Prende posizione anche Alain Goussot, Professore di Pedagogia Speciale all’Università di Bologna: “Il bambino non è un oggetto, basta con le soluzioni facili e con i distributori automatici di pillole della felicità. Il modello italiano è anzi vincente: queste molecole sono potenzialmente pericolose, e devono essere utilizzate con grande prudenza, la scienza ha molto da dire per prendere in carico i disagi infantili senza bisogno di somministrare un derivato dell’anfetamina a un bambino di 6 anni, e queste affermazioni sensazionalistiche della Sopsi a mio avviso servono solo ad allarmare gli operatori scolastici e a fare della scuola l’anticamera dell’ASL”.
Poma conclude: “Lode all’Istituto Superiore di Sanità, che con il Registro nazionale dei bambini in terapia lavora per contenere le diagnosi. Anche negli USA stanno facendo marcia indietro su questa epidemia di diagnosi, mentre noi in Italia invece di cerchiamo di copiare in ritardo il modello americano: non ha nessun senso, dobbiamo piuttosto esportare il modello italiano all’estero”.
Fonte: Comunicato Stampa con preghiera di diffusione da Giù Le Mani dai Bambini.
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MARIA SARA says
GIU’ LE MANI DAI BAMBINI !!
BUONGIORNO, SONO MARIA SARA CAMMARATA E MI TROVO D’ACCORDO IN TUTTO E PER TUTTO CON VOI..!!! STATE FACENDO UN LAVORO MERAVIGLIOSO RAGAZZI!! QUELLO CHE SEMINI, RACCOGLIERAI TRIPLICATO… BUONA GIORNATA
LEONARDO DI PAOLA says
Carissima Maria Sara, grazie per il supporto, si tratta di un problema annoso e di difficile risoluzione perché non è ancora evidente quanto dovrebbe, ma anche perché quando la scienza medica dice qualcosa a titolo “ufficiale” è molto difficile per la maggior parte delle persone metterla in dubbio… ma confido che in un modo o nell’altro prima o poi anche questa problematica questione si risolverà…
Una meravigliosa giornata anche a te! 🙂