E’ dimostrato che quando l’Intelligenza raggiunge un certo grado di concentrazione nella società diviene contagiosa.
(…) L’Intelligenza che si addice a un Paese è l’Intelligenza distribuita: essa non si conserva solo nei laboratori o nelle università, ma cammina per le strade, si usa per seminare, per tornire, per manovrare una gru o programmare un computer. Anche per cucinare o per accogliere un turista è necessaria la medesima intelligenza: qualcuno salirà più gradini di altri, ma la scala è la stessa.
I primi passi sono identici per la fisica nucleare e per il lavoro agricolo:
Quel che è necessario, in tutte queste cose, è lo stesso sguardo curioso, assetato di conoscenza e molto anticonformista.
Se alla fine del cammino si giunge al sapere, è perché l’ignoranza ci ha fatto sentire inadeguati.
Se impariamo, è grazie a un prurito che si acquisisce per contagio culturale fin dal momento in cui apriamo gli occhi sul mondo.
Sogno un Paese in cui i genitori mostrino ai bambini un prato erboso e dicano loro: <<Sai cos’è questo? E’ una pianta che trasforma l‘energia del sole e i sali minerali della terra>>. O che indichino il cielo stellato e li facciano innamorare di quello spettacolo per indurli a riflettere sui corpi celesti, sula velocità della luce e sulla trasmissione delle onde.
(…) Un proverbio del passato recitava così: <<Non dare un pesce a un bambino, insegnagli piuttosto a pescare>>. Oggi dovremmo dire:
<<Non dare un dato a un bambino, insegnagli piuttosto a pensare>>.
Il serbatoio di conoscenza che oggi è disponibile non si lascia contenere nelle nostre menti: resta fuori, accessibile in qualsiasi momento grazie a una ricerca su internet.
Lì ci sono tutte le informazioni, tutti i dati, tutto quello che già si sa; lì, in altre parole, si trovano le risposte.
Quel che non si trova, però, sono le domande:
Il problema è avere la capacità di interrogarsi, saper formulare domande feconde che suscitino nuovi sforzi di ricerca e di apprendimento.
E questa capacità si situa lì, in fondo, quasi incisa nell’osso del nostro cranio, tanto intima da non averne quasi coscienza.
Impariamo semplicemente a osservare il mondo con sguardo interrogativo, e questo divento il nostro modo naturale di guardarlo. Basta poco per fare nostra questa attitudine che ci accompagnerà per tutta la vita.
Soprattutto, cari amici, tutto questo è contagioso.
In ogni epoca ci sono stati uomini che si sono dedicati all’attività intellettuale, incaricati di spargere il seme. Per dirla in altre parole, a noi molto care: a voi è affidato il compito di lanciare il “mirabile allarme”.
Per favore, andate per le strade e contagiate.
Non risparmiate nessuno, abbiamo bisogno che la cultura si propaghi nell’aria, tra le case, che si intrufoli nelle cucine e arrivi perfino nelle stanze da bagno. Quando si riesce a fare questo, la partita è vinta quasi per sempre, perché si spezza l’ignoranza essenziale che rende deboli molte persone, una generazione dopo l’altra.
José Pepe Mujica
(Incontro con gli intellettuali nel Salone De los pasos perdidos del palazzo del governo dell’Uruguay, 29 Aprile 2009).
Questa citazione è tratta dal libro delle Edizioni EIR “La Felicità al Potere” José Pepe Mujica a cura di Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi, una raccolta di testi che mi sta facendo conoscere l’uomo Mujica al di là dei video e delle (brillanti) citazioni decrescitose che ho letto avidamente e ho cercato di diffondere negli ultimi anni.
Il primo libro in Italia su Pepe, ci offre il pensiero dell’ex Presidente dell’Uruguay su svariati argomenti e ci mostra un uomo di grande spessore.
Il concetto di Intelligenza distribuita, ad esempio, pone l’accento sulla responsabilità che hanno le persone più istruite nel dare il buon esempio.
E’ finito il tempo di lamentarsi, puntare il dito sugli ignoranti, sentirsi superiori e porsi al di sopra delle greggia ignara…
E’ ora che ognuno faccia con gioia e slancio la sua parte, per trovare parole semplici, efficaci, metafore, giochi, immagini per riuscire a parlare con tutti, per comunicare con tutti e diffondere come contagio la cultura, la curiosità, l’anticonformismo e – soprattutto – le domande.
Un sorprendente discorso da Coach, questo di José Mujica…
Perché le domande sono il bagaglio essenziale di un buon Coach, che – come vediamo nel Corso da Wellness Coach Pro – non dà risposte preconfezionate, ma aiuta il Coachee a cercare dentro se stesso le risposte.
E un discorso da Leader.
Un Leader che non teme il confronto con gente istruita. Una rarità in un mondo in cui tutti “parlano difficile” per continuare a detenere indisturbati il potere…
Un libro di cui si sentiva la necessità. Un libro che ti consiglio di leggere.
🙂
Viviana Taccione
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