“Le bambine dalla forte natura istintiva spesso soffrono molto nei primi anni della vita. Dalla più tenera infanzia sono tenute prigioniere, addomesticate, accusate di essere disadattate e ostinate nell’errore.
La loro natura selvaggia si mostra presto…
Sono curiose, abili, e hanno delicate eccentricità di vario genere che, se sviluppate, costituiscono la base della loro creatività per il resto della vita.
Considerando che la vita creativa è cibo e acqua per l’anima, questo sviluppo basilare è atrocemente critico.
Generalmente l’esilio comincia presto, e non per propria colpa, inasprito dall’incomprensione, dalla crudeltà e dall’ignoranza o dall’intenzionale meschinità degli altri.
Allora il Sé fondamentale della psiche è assai presto ferito.
Quando ciò accade, la bambina comincia a credere che le immagini negative che di lei rimandano la famiglia e la cultura siano non solo assolutamente vere, ma anche libere da pregiudizi e non dettate da preferenze e opinioni personali.
Inizia a credere di essere debole, brutta, inaccettabile, e che tutto ciò sarà sempre vero, anche se tenterà l’impossibile per capovolgere la situazione.
Una bambina viene bandita proprio per le ragioni che troviamo ne Il Brutto Anatroccolo.
In molte culture, quando nasce una femmina, ci si aspetta che sia o che sarà un certo tipo di persona, capace di agire secondo le migliori tradizioni, di far suoi alcuni valori, se non identici a quelli della famiglia, quanto meno basati su quelli della famiglia, e che in ogni caso non faranno traballare la barca.
Queste aspettative sono tremendamente anguste quando uno o entrambi i genitori soffrono del desiderio di avere un <<angelo>, cioè una bambina <<perfetta>> e sottomessa.
Nella fantasia di alcuni genitori, il figlio sarà necessariamente perfetto e rifletterà soltanto il loro modo di essere.
Se la bambina è selvaggia, purtroppo sarà probabilmente sottoposta a reiterati tentativi di chirurgia plastica, perché i genitori cercheranno di rifarla, e ancor più di mutare quel che la sua anima le chiede.
Se la sua anima chiede di vedere, la cultura all’intorno vuole la sua cecità.
Se la sua anima desidera dire la propria verità, le si fa pressione affinché scelga il silenzio.
Né l’anima né la psiche della bambina possono adattarsi.
La pressione a essere <<adeguata>>, qualunque cose intenda con ciò l’autorità, può scacciare la piccola lontano, o in un luogo sotterraneo, o farla vagare a lungo alla ricerca di un posto di nutrimento e di pace.
Quando la cultura definisce minuziosamente che che cosa costituisce il successo o l’auspicabile perfezione – l’aspetto, l’altezza, la forma, il potere avido di guadagno, l’economia, la virilità, la femminilità, il comportamento giusto, la fede religiosa – allora dettami corrispondenti per misurarsi con tali criteri vengono introiettati nella psiche di tutti i membri di quella cultura.
Pertanto, i problemi della Donna Selvaggia esiliata sono di solito duplici: interiori e personali, ed esteriori e culturali…” (…)
Questa la lettura psicoanalitica della fiaba “il Brutto Anatroccolo”, una fiaba che abbiamo liquidato da bambine come favola a lieto fine, ma che ci parla di ribellione e libertà dagli angusti limiti dell’egoismo e della costrizione.
Come sempre fa la grande Clarissa Pinkola Estés, quando illumina una storia con al sua profonda saggezza rendendola riconoscibile, anche “il Brutto Anatroccolo” diventa una figura ancestrale in cui ritrovarsi e da cui prendere ispirazione.
Un libro imperdibile, da leggere e rileggere ogni qualche anno…
Clarissa Pinkola Estés
Donne che corrono coi lupi
Frassinelli
pag. 571
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Marisa says
Ecco! Adesso so chi sono!!!
Voglio leggerlo assolutamente!
VIVIANA TACCIONE says
Sei anche tu uno splendido cigno, amica mia! Sì che devi leggerlo, è un libro meraviglioso da leggere tante e tante volte, trovi sempre nuovi significati.
E occhio anche alla lettura della storia di “Scarpette Rosse”, molto adatta a una donna piena di qualità artistiche come te!
Un abbraccio dal cuore!!! 🙂