Negli ultimi due giorni ti ho parlato della defusione, presentandoti degli esercizi di PNL – Programmazione Neuro Linguistica e di Terapia Cognitiva Comportamentale utili per superare i limiti che la nostra mente ci impone.
Dopo aver visto: “Io non sono il mio corpo” (trovi il primo esercizio qui: Defusione – 1a parte) “Io non sono il mio comportamento” e “Io non sono il mio punto di vista” (trovi il secondo e il terzo esercizio qui: Defusione: 2a parte)…
Oggi ti svelo gli ultimi 2 esercizi e completiamo il quadro. 🙂
4. Io non sono il ruolo che interpreto.
Tutti noi interpretiamo diversi ruoli nella nostra vita: siamo uomini o donne, giovani o anziani, professionisti o impiegati, operai o studenti, tifosi o sportivi, genitori o amanti, ricchi o poveri, buoni o cattivi, simpatici o antipatici… E di solito ne interpretiamo diversi nello stesso momento, o nelle diverse fasi della nostra esistenza.
Risulta facile per la nostra mente attaccarsi a ciò che facciamo, o a ciò che ci differenzia apparentemente dagli altri. Ma così come non siamo il nostro corpo né i nostri comportamenti, non siamo neanche i nostri ruoli.
Per sperimentare una defusione rispetto al ruolo, utile soprattutto quando ti accorgi che questo ruolo è un abito che ti limita più di quanto non ti potenzi – come accade per esempio con la professione, se non è molto stimata – lavora sulla parola con cui chiami questo ruolo che senti depotenziante.
Se per esempio lavori come cameriere, e senti che identificarti con questo lavoro limita le tue possibilità, allora inizia a ripetere a voce alta “cameriere”, “cameriere”, “cameriere”, “cameriere”, “cameriere”… e continua fintantoché la parola non diventa priva di senso, come se stessi ascoltando un termine di una lingua straniera per te incomprensibile, tipo il cinese mandarino.
Non a caso la defusione viene anche definita de-letteralizzazione, cioé separazione della parola e del senso che gli diamo.
5. Io non sono ciò che possiedo.
Sappiamo bene quanto oggi il denaro, gli immobili e i giocattoli tecnologici definiscano nel sentire comune il valore di una persona, quindi è normale associare al proprio conto in banca la stima che abbiamo di noi stessi.
Normale, ma privo di utilità: se sei povero, confondere quello che hai con quello che sei o che puoi diventare, significa predisporsi a vivere un futuro più difficile, certamente non ti aiuta a fare i soldi. Se invece sei ricco, mantenere questa fusione potrebbe darti sicurezza, ma – augurandoti ogni bene finanziario – rischi che l’eventuale perdita di questo status potrebbe gettarti nello sconforto più assoluto.
Per defonderti dal tuo status patrimoniale, immagina di essere appena passato a miglior vita – nel modo più piacevole e più in là possibile! 😉 – e di ritrovarti in una dimensione diversa da quella che stai vivendo ora, in cui riesci finalmente a vedere le cose con una chiarezza mai avuta prima rispetto a ciò che realmente conta per un essere umano: amore, relazioni, divertimento, semplice piacere di vivere.
A questo punto pensa a ciò che hai portato con te, e domandati:
“ho usato i soldi che ho avuto (o i soldi che mi sono mancati) come strumento per aumentare la vera ricchezza che ognuno si porta dietro quando varca la Grande Soglia, oppure sono stati i soldi/la povertà che mi hanno usato per impedirmi di accumulare la vera Ricchezza?”
Ti lascio alle tue riflessioni.
Per qualsiasi domanda, puoi lasciarmi un messaggio tra i commenti qui sotto. Ti risponderò personalmente. Per approfondimenti… Mi trovi nel Weco Club!
🙂
Leonardo Di Paola
Autore, Coach & Trainer
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